INTERVISTA AL MAESTRO ROBERTO DE LUCA
eventskarate febbraio 2005
Di Luca Romano
Maestro De Luca la ringraziamo per aver accettato di raccontarsi in questa intervista concessa a noi di Events Karate, perché da quando Lei ha iniziato a farsi conoscere nel nostro ambiente non ne ha rilasciate molte. Guardando all’ultimo decennio, poi, siamo sicuri di poter affermare che questa di oggi è una e vera propria esclusiva. Cos’è la sua una naturale avversione alle interviste o più in generale a parlare di sé?
Non ho nulla in contrario con le interviste solo che, per indole, sono portato poco a parlare e ascoltare molto. Sono convinto, inoltre, che nell’epoca delle auto celebrazioni, della gente che tanto ama parlare, di se, delle proprie capacità o dei risultati conseguiti, un po’ di silenzio e di sana concretezza, non guasterebbero. Se potessi scegliere propenderei sempre per comunicare attraverso i fatti, è per questo che difficilmente mi sono concesso ad interviste o dichiarazioni nella mia carriera e tendenzialmente do poco peso a chi delle parole abusa, senza che siano mai suffragate da esperienze precedenti e da fatti consequenziali.
Si riferisce specificamente a personaggi della nostra attuale realtà sportiva?
A nessuno in particolare anche se credo che a molti, nella loro personale esperienza di karateka sia capitato di riscontrare un atteggiamento diffuso di tal fatta nel nostro mondo.
Il suo curriculum in effetti ci sembra parlare di sé… Ma dopo trent’anni passati nel karate, da atleta prima, e da tecnico poi, in che rapporti è con l’attuale federazione fijlkam?
Ottimi secondo il mio modo di intendere la federazione.
Non afferro, cosa intende Lei per federazione Maestro?
Per me una federazione è un insieme di persone che praticano discipline diverse e si ritrovano tutte all’interno di uno stesso “edificio” (la federazione appunto) come tante famiglie di un condominio.
Poi in questo condominio ci sarà un’ amministratore che farà in modo, secondo le sue inclinazioni e capacità, di curare gli interessi di tutti i condomini.
Se qualcosa all’interno dell’edificio non va come noi vorremmo, perché magari i nostri rapporti con uno degli occupanti non sono buoni, sarebbe poco corretto nei confronti di tutti le persone valide che lo abitano affermare che tutto lo stabile è da buttare giù. Quindi, in conclusione, i miei rapporti federazione sono molto buoni, perché anch’io la abito, ci vivo come tanti altri associati.
E invece con l’attuale presidente federale Matteo Pellicone, il vice presidente di settore Giuseppe Pellicone, e il DT della Nazionale Pierluigi Aschieri in che rapporti è?
Personalmente nessuno dei tre mi ha fatto nulla, e anzi, con essi c’è sempre stato un rapporto di reciproca collaborazione nell’esecuzione degli incarichi di loro e mia pertinenza, nel rispetto dei ruoli che ad ognuno di noi erano assegnati per la posizione ricoperta. Rispetto per il prossimo e per i ruoli non significa però non rispettare se stessi e annullare la propria personalità a tale scopo. Per scelta mia: quando qualcosa della politica federale non è appartenuta al mio modo di vedere, non mi sono cimentato in alcuna contestazione o protesta plateale nei confronti del presidente, del vice presidente o del direttore tecnico, altrimenti sarebbe venuto meno lo spirito di tolleranza nelle posizioni differenti dalle proprie che è cosa basilare del vivere civile, e della democrazia. Però, di fronte a scelte, indubbiamente, nelle intenzioni di chi le ha cavalcate, prese nell’interesse della federazione e dei suoi componenti, troppo lontane da me, non mi sono mai risparmiato di prendere le distanze e fare un passo indietro se l’ho ritenuto necessario.
E tuttora, che non sono più uno dei tecnici della nazionale italiana, credo sia meglio così, senza rancori o rimpianti nei confronti di nessuno, perché in qualche modo a questa situazione io ho contribuito e l’ho scelta con discrezione qualche tempo fa. Inoltre il momento del ricambio dei ruoli, dopo trenta anni di militanza, credo sia fisiologico e necessario. Ma anche questa è una opinione personale condivisibile o meno.
Che consigli si sente di dare ai nuovi coach?
Di essere sempre se stessi, di mantenere la propria personalità intatta, perché l’atleta in gara, con tutte emozioni che essa comporta, ha bisogno di un sostegno forte. E il coach forte deve esserlo dentro.
A cosa non sarebbe disposto rinunciare mai?
A due cose, innanzi tutto alla mia famiglia, e poi all’Arma dei Carabinieri per il prestigio, la professionalità, l’immagine, la tradizione e i valori che racchiude nella sua storia centenaria, che sono patrimonio indiscutibile della nostra italianità.
Quali sono i suoi futuri obiettivi Maestro De Luca, forse approfitterà del maggior tempo a disposizione per riposare visti i suoi minori impegni federali?
Tutt’altro invece. Per me da quest’anno inizia una nuova avventura sportiva. All’interno della sezione karate del Centro Sportivo Carabinieri, viene da poco praticata anche la disciplina del Taekwondo. Dal punto di vista professionale e tecnico è per me linfa nuova, nuova motivazione a far bene e a spingermi fn dove sarà possibile farlo per conseguire risultati ed affermazioni. Ad aiutarmi a confidare in questo, ho trovato un ambiente accogliente, sereno, in cui tra tecnici e praticanti regna una insperata armonia, dove la disciplina ha mantenuto intatta la sua connotazione di attività divertente anche a livelli marcatamente agonistici. In una parola: un ambiente ideale per lavorare e cercare di far bene.
Perché ha scelto proprio il Taekwondo?
Innanzi tutto perché è una disciplina olimpica, poi perché è la più affine al karate: se pensa poi a quanto sia stato incentivato l’uso delle gambe negli ultimi tempi da taluni nostri tecnici non le sarà molto difficile fare un rapido raffronto tra le due.
A questo punto ci viene da chiederle come fa una persona affermata come Lei nel campo del karate a passare da una disciplina ad un’altra con le aspettative di riuscita che richiedono probabilmente una professionalità troppo specifica per essere così facilmente raggiungibili?
Non ho mai pensato che sarà un impresa facile, ma a confortare la mia motivazione a raccogliere questa sfida, è pensare a come nel nostro ambiente del karate altri pionieri hanno osato, e sono riusciti ad ottenere dei risultati che sono sotto gli occhi di tutti. I nomi più noti? P. Aschieri e G. Pellicone ad esempio. L’attuale D.T. della nazionale era un praticante di judo e yosekan budo, è passato poi al karate non agonistico riuscendo ad arrivare nientemeno che alla direzione tecnica del team Italia. Sembrerebbe un’impresa impossibile vero? Eppure lui ci è riuscito. Giuseppe Pellicone invece, sportivamente parlando, è originario dalla lotta, ma è attualmente attualmente il vice presidente di settore della nostra disciplina. Esperienze come le loro lasciano ben sperare chi coltivi un’ambizione grande, e da esse ho tratto un importante insegnamento: indipendentemente dal campo che vuoi calcare la professionalità può essere il valore aggiunto che ti consente di progredire a crescere.
Con queste dichiarazioni sta forse dicendoci che dà un deciso colpo di spugna a tutto ciò che è stata la sua esperienza nel karate e al suo futuro nel nostro mondo?
Posso tranquillizzarvi su questo punto che non ho intenzione di abbandonare il karate. Continuerò sempre a lavorare nella nostra disciplina per i giovani e per quanto di bello questa attività ha saputo regalarmi a livello di emozioni, soddisfazioni e amicizie. Pertanto io karateka lo sarò per tutta la vita, perché il karate è uno stile di vita, e se si è capita la sua vera essenza la si tiene dentro per tutta la vita, maestro o semplice praticante amatoriale, campione o no, con o senza i “parametri”
Maestro con questo crediamo sia davvero tutto e, facendole un grosso in bocca al lupo per tutti i suoi impegni sportivi e non, la ringraziamo nuovamente per essersi concesso così apertamente alla penna di Events Karate.
Ringrazio voi, augurandovi a mia volta un buon proseguimento nella vostra attività editoriale.