LA CAMPIONESSA DELLA PORTA ACCANTO
di Raul Leoni
A vederla così, timida e delicata, si potrebbero trarre conclusioni affrettate. Federica Mastrantoni ha solo 19 anni, la incontri sul pianerottolo di casa e la scambi per la ragazza della porta accanto: con quegli occhialini professorali che fanno tanto studentessa di belle speranze. Errore, clamoroso errore: Federica è una campionessa vera, dal dicembre 2005 fa parte della Polizia Penitenziaria in qualità di atleta delle Fiamme Azzurre e, in una fantastica serata di venerdì 26 maggio, ha conquistato a Bonn la medaglia d’oro ai Campionati Europei di Taekwondo.
E qui, ci perdoneranno gli esperti del settore, occorre un breve excursus esplicativo.
Il Taekwondo – pronuncia “tecondò” – è un’antica arte marziale coreana, diventata disciplina olimpica a partire dai Giochi di Sydney 2000. Il nome è, appunto, di orgini coreane: composto dalle parole “tae” (colpire col piede), “kwon” (pugno) e “do” (arte).
E, a questo punto, anche chi non ha mai visto un incontro può già immaginare cosa sia questo sport di tipico combattimento: una specie di danza su un quadrato, nella quale gli avversari cercano di colpirsi su un bersaglio definito valido (corpo e volto) con pugni e, prevalentemente, con calci, ossia con azioni che determinano l’attribuzione di un punteggio. Ogni match prevede tre riprese di tre minuti ciascuna, con 60″ d’intervallo.
Detto questo, torniamo al nostro discorso: una dolce fanciulla romana, per la precisione di Velletri, cosa c’entra con il Taekwondo, come ha fatto questo sport a diventare una parte importante della sua vita, al punto da farle vincere un titolo europeo? Il mistero ce lo svela lei stessa: “Papà Mauro era un vero appassionato di arti marziali – ricorda Federica – Ero piccola, 5 o 6 anni appena, e mi portò in giro per tutte le palestre di Velletri: io entravo, guardavo e giudicavo, con la mia testolina”. Karate, no: non si poteva colpire l’avversario. Judo, neanche: troppi fronzoli, tecniche un po’ statiche. Taekwondo, ecco sì, Taekwondo: “Mi piacque subito, c’era il contatto pieno con l’avversario”. Capito la ragazzina? Roba da non crederci!
Perché la nostra futura campionessa è sempre stata una ragazza tranquilla, ma sul quadrato si trasforma in un’arma letale, fatta di aggressività e al tempo stesso di armonia. E sì, nel Taekwondo è fondamentale sorprendere il rivale: non sta lì, davanti a te, solo per farti da bersaglio. Lo devi ammaliare, con le finte, con gli attacchi diversivi, lo devi portare a scoprirsi e poi, quando trovi il suo punto debole, è lì che lo devi colpire senza pietà: “Diventa come un gioco, dove la testa e il piano tattico diventano fondamentali”, dice l’atleta. Violento, sì, può essere considerato uno sport violento, come tutte le discipline di combattimento: ma c’entra anche il cervello.
Lei, Federica, è cresciuta nel Taekwondo Musado, una palestra della sua città, ma ora è in pratica in raduno permanente con la nazionale azzurra al centro federale dell’Acquacetosa, a Roma: è lì ha trovato un maestro, di nome e di fatto, in Yoon Soon-Cheul. Bravi, avete indovinato: è coreano, come coreano – ma ora italiano, perfettamente integrato da noi – è l’attuale presidente federale Park Sun-Jae, colui che portò per la prima volta questo sport in Italia, nel 1965. In realtà appena ieri, per una disciplina che in Oriente ha una storia lunga più di 2000 anni.
Non ci crederete, ma anche una campionessa d’Europa ha i suoi punti deboli: per la giovane Mastrantoni è l’altezza. La nostra ragazza combatte nella categoria fino ai 55kg ed è alta 1 metro e 64: sembrerebbe tutto normale, se non fosse che le avversarie, soprattutto quelle di scuola est-europea, hanno tutte uno stacco di gambe da far paura. Questione di razza, se ci lasciate passare il termine non perfettamente “politically correct”, ma espressivo. Ed allora Federica, ragazzina dai geni mediterranei, deve supplire con il tempismo, che in questo sport è una dote importante.
Una tattica che non le era riuscita l’anno scorso a Riga: la sua prima medaglia importante, un bronzo europeo, ma le era stata fatale la semifinale con l’altissima croata Zubcic, poi vincitrice della finale: “Per la verità ero anche un po’ appagata: in semifinale, quasi alla prima esperienza internazionale di livello assoluto”. Stavolta, alla Hardtberghalle di Bonn, le cose sono andate diversamente: al secondo turno si è trovata di fronte un’altra atleta più prestante, la serba Gorjup, e non le ha lasciato scampo (7-3 il punteggio). Dopo aver fatto fuori altre due rivali pericolose, come la greca Fotaki (5-0) e la spagnola Rica (5-3), è arrivata alla finale per l’oro, opposta alla russa Margarita Mkrtchyan: “E’ un’atleta esperta, aveva già fatto i Giochi Olimpici di Atene nel 2004”. La russa ha impostato subito un match d’attacco, pronti-via e già in vantaggio per 3-0: “Ma non mi sono scomposta, sapevo di poter recuperare”. E’ stato proprio così: subito 1-3 in apertura del secondo round e poi il pareggio, con un calcio al viso da due punti. In quel momento Federica ha capito che poteva far suo l’incontro e nella terza ripresa ha mantenuto un piccolo ma decisivo vantaggio, vincendo per 5-4.
Ora cambia molto, soprattutto perché l’atleta romana diventa una delle punte di diamante della formazione azzurra in vista dei Giochi di Pechino 2008: i successi continentali ottenuti in Germania hanno caricato tutto l’ambiente, 2 ori e 3 bronzi per un secondo posto nel medagliere di Bonn. Certo, fuori dal Vecchio Continente, le cose cambiano un pochino: ma Federica ha già dimostrato di avere i numeri giusti per imporsi anche in campo mondiale. Non per niente l’anno scorso è stata già quinta nella rassegna iridata di Madrid e bronzo nei Giochi Mondiali Universitari di Smirne.
Intanto ha coronato un sogno, entrando a far parte delle Fiamme Azzurre: una scelta che per il Gruppo Sportivo della Polizia penitenziaria si sta rivelando fortunata e per Federica un’iniezione di serenità e fiducia. Come accade a tutti i protagonisti delle discipline “minori” – ma vincenti – che fanno grande lo sport italiano. E poi, ad aiutarla ci sarà anche Viorel, il suo ragazzo di origini romene, anche lui atleta e conosciuto in palestra a Velletri: a 19 anni, la campionessa della porta accanto ha bisogno del suo affetto e delle attenzioni della sua famiglia per crescere e vincere ancora.