Intervista al Maestro M. Nakayama
Eventskarate 01 giugno 2015
L’intervista al Maestro M. Nakayama è stata realizzata da C. Pedrazzini e S. Roedner.
Nakayama Sensei Dobbiamo alla cortesia del Maestro Shirai, che si è anche prestato come abile e sensibilissimo interprete, l’insperata fortuna di un’intervista in esclusiva col Maestro Masatoshi Nakayama, il più prestigioso esponente dello Shotokan mondiale in visita nei nostro paese dopo una fastidiosa influenza che lo ha costretto a letto per parecchie settimane.
Il colloquio è durato più di un’ora e mezza, nel corso della quale il Maestro ha seguitato a rievocare, senza esitazioni nè paure, i momenti più significativi della sua lunga vita dedicata al karate-do, dapprima come allievo del Maestro Funakoshi, e quindi come suo successore.
Gli inizi del Karate moderno, con Funakoshi all’Università Takushoku (1932-1937).
Domanda: Quando, come, perché ha iniziato la pratica del karate?
Maestro Nakayama: Nel 1932 all’università Takushoku di Tokyo. Avevo iniziato a praticare kendo nella scuola superiore e desideravo continuarlo; ma, quando mi presentai nel dojo dell’università, sbagliai orario. Invece di assistere a una lezione di Kendo vidi una cosa strana, un anziano dal viso sorridente che faceva cose strane che io paragonai alla danza di una scimmia. Forse quello era il Karate, mi dissi. C’erano una dozzina di allievi e uno di loro, un tipo grande e grosso, mi disse, “Prova a farlo anche tu”. Gli risposi che io volevo fare kendo , ma lui insistette, “Prova almeno una settimana!”.
Così feci;dopo una settimana non ero ancora pienamente convinto ma insistetti e poco alla volta cominciai a interessarmi. Allora il Karate non era conosciuto in Giappone, e se non avessi sbagliato orario, il Maestro Nakayama non sarebbe mai stato … il Maestro Nakayama”.
Domanda: Che differenze ci sono tra il Karate che faceva Lei allora e il Karate che viene praticato al giorno d’oggi?
Maestro Nakayama: Allora il Karate cominciava col kata e finiva col kata. (Karate voleva dire kata). Naturalmente per praticare bene i kata dovevamo sviluppare la forza e il kime per questo facevamo molto makiwara. Al mattino trecento colpi, e altrettanti alla sera; spesso facevamo makiwara anche tre volte al giorno. Qualche volta oltre a praticare i kata, ne allenavamo l’applicazione pratica (facevamo Bunkai). Dopo un anno di karate, ho iniziato ad allenare i fondamentali (KIHON). Poi, per sviluppare il tempismo ed applicare praticamente i kata, ho iniziato a praticare il Gohon Kumite. Questo tipo di combattimento si è evoluto gradualmente, enfatizzando il fattore velocità con la cosiddetta esecuzione “OIKOMI” il difensore e l’attaccante erano entrambi impegnati allo spasimo. Dopo l’ultimo passo dell’attaccante , il difensore si sforzava di contrattaccare il più rapidamente ed efficacemente possibile. E’ proprio da quest’ultima parte del Gohon kumite che nasce il Jiyu kumite. Così è anche nato il KIHON IPPON e poi il JIYU IPPON KUMITE.
La pratica del KIHON è nata dall’esigenza di allenare e riprovare tante volte la stessa tecnica che si trovava in un kata. Il KIHON IPPON Kumite veniva spesso allenato da distanza libera perciò è stato abbastanza naturale il passaggio all’attuale combattimento semilibero. Riassumendo il nostro allenamento, la base era il Kata; per rafforzare le varie tecniche è stato introdotto il Kihon; per provarne l’efficacia abbiamo fatto il Gohon Kumite e dall’ultima parte del Gohon sono nati il KIHON IPPON e il JIIU IPPON KUMITE. Nei 5 anni in cui ho praticato all’università sono state gettate le basi del karate attuale. Eravamo giovani allora, ci piaceva di più fare Kumite che Kata. Il Maestro Funakoshi si arrabbiava e diceva che se non praticavamo kata non diventavamo forti; quando veniva lui, una volta alla settimana, si praticava solo il kata. A Okinawa, il karate era fatto solo di kata; nel periodo in cui ho iniziato io è cominciata la pratica odierna.
1936, NASCITA UFFICIALE DEL “JIYU KUMITE”.
Nel novembre 1936 tutti i praticanti di karate di sette università eseguirono una manifestazione in comune, della quale conservo ancora il programma. Eseguimmo kihon, kata individuale, gohon kumite kihon ippon, jiyu ippon kumite. A chiusura del programma par la prima volta fu introdotto il Jiyu Kumite. La gente di Tokyo ne fu sorpresa, e grande fu il successo presso l’opinione pubblica. Io eseguii il kata ENPI e il Jiyu Kumite. Poco dopo mi laureai. Posso dire che questo periodo è stato molto importante perché è stato l’inizio di quello che si fa oggi.
Domanda : La pratica del kendo ha influenzato il Jiyu Kumite del Karate?
Maestro Nakayama: senz’altro penso che abbia avuto molta influenza io stesso ho praticato kendo e mio bisnonno era Maestro di kendo di un feudatario. Quando andavamo noi a scuola era obbligatorio.
Il Maestro Shirai aggiunge che questo era vero anche ai suoi tempi e che ritiene che la pratica del kendo sia importante per il MAAI (studio della distanza) ed UCHIKOMI. Le arti marziali più diffuse allora, d’altronde, erano proprio kendo e il Jiyu Jitsu
Significato e valore della pratica del Kata
Domanda: Il Maestro Funakoshi diceva “HITO KATA SAN NEN” (Un kata ogni tre anni). Pensa anche lei che sia meglio conoscere molto profondamente pochissimi kata piuttosto che superficialmente un gran numero di essi?
Maestro Nakayama: Io penso così: per la preparazione di una èlite (ad esempio una squadra per i campionati mondiali) bisogna studiare un kata profondamente con calma. Magari non tre anni, ma forse due, prima di passare ad un altro kata. Ma ora il karate è materia di studio anche nelle università, qui secondo me il criterio deve essere diverso. Meglio studiare diversi kata in un anno: ci sono diversi tipi di studenti, e conoscendone un numero maggiore ciascuno può scegliere quello che maggiormente gli si adatta.
Però il M° Funakoshi ha tenuto duro: se un allievo non eseguiva bene i cinque Heian, i tre Tekki e i sette kata superiori (che saranno nominati tra poco), non gli concedeva la cintura nera. Io adesso penso che sia stato un grande Maestro perché il suo metodo si basava anzitutto sulla comprensione ottimale delle tecniche racchiuse negli Heian. Poi con i Tekki si lavorava al rafforzamento della base delle anche. Dopo di questo egli consigliava BASSAI-DAI perché richiedeva molta forza: se è vero che il karate è parte del BUDO (arti marziali) la forza è una componente essenziale. Quindi il M° Funakoshi insegnava KANKU-DAI per lo studio degli spostamenti nelle varie direzioni e lo sviluppo della velocità. Poi veniva JITTE per studiare la forza delle anche e il metodo per trasmetterla alle tecniche di braccia. Jitte è importante perché insegna la difesa contro un avversario armato di BO (bastone lungo) che è la base delle armi della tradizione marziale. Il kata seguente era HAGETSU, studiato perchè insegnava ad abbinare e coordinare il movimento delle braccia e delle gambe, ad usare correttamente la respirazione ed il ritmo contrazione – decontrazione.
Ci si poteva benissimo fermare qui nello studio dei kata, diceva Funakoshi, tuttavia pensava che fosse utile studiare anche ENPI per la velocità e la fluidità e perché conteneva movimenti diversi da quelli degli altri kata. Un altro kata molto importante perchè insegnava a stare su una gamba sola e colpire con l’altra gamba era GANKAKU. Per finire, un kata non difficile per chi avesse sistemato bene gli Heian, JION, importante per lo studio dei cambiamenti di direzione. Funakoshi diceva: se fate fino a qui non c’è bisogno di altro, tutte le tecniche sono comprese in questi quindici kata che sono lo shotokan.
Riassumendo: praticare gli Heian per imparare le tecniche; rafforzare la base con i Tekki con la precisione e potenza degli Heian iniziare Bassai-Dai; praticando Kankudai imparare i diversi tipi di movimenti. Oltre a questo, contro avversario armato praticare Jitte; per contrazione e decontrazione e per la respirazione allenare Hangetsu; studiare tecniche particolari con Gankaku ed ENPI; in conclusione fare Jion.
Per questo Funakoshi ha scelto 7 kata e li ha messi in un certo ordine. Io li ritengo molto importanti anche per l’insegnamento dell’educazione fisica.
Oggi noi facciamo altri kata come KANKU-SHO e BASAI-SHO che Yoshitaka, il figlio di Funakoshi, ha studiato a Okinawa. Inoltre io ho studiato GOJUSHIHO-SHO e DAI e NIJUSHIHO con il Maestro Mabnuni, il fondatore dallo Shito Ryu, grande amico di Funakoshi e condiscepolo del Maestro Itosu. Proprio per questo lavoro di base sui kata fondamentali mi è stato facile imparare questi altri kata. Oggi sono d’accordo di far praticare diversi kata superiori per le gare ma ritengo importati i kata di base.
Il segreto per praticare Karate tutta la vita
Domanda: M° Nakayama, qual è il segreto per arrivare alla sua età continuando a fare karate?
Maestro Nakayama: Non c’è segreto. Ognuno secondo il suo spirito deve approfondire le tecniche di base. Lo scopo non è la ricerca del punto per vincere la gara ma far diventare “PROPRIE” le tecniche e poi usarle in gara. Anche nel kata è la stessa cosa non preparare i Kata in vista delle gara ma lavorare sui kata di base per poi arrivare ai kata superiori.
Il Maestro Shirai aggiunge “Ogni volta che ci si sente fermi o in crisi, occorre tornare da capo, a oisuki, ageuke, taikyoku shodan, per ritrovare la strada che si è perduta.”
Quando un atleta è pronto per la cintura nera?
Domanda: Qual è il criterio per decidere che un allievo merita il grado di cintura nera?
Maestro Nakayama: C’è una motivazione precisa. Dal punto di vista tecnico deve esserci comprensione degli Heian e di Tekki Shodan. E poi è importante la comunicazione tra Maestro e allievo. Il Maestro parlando all’allievo capisce se lui è capace di fare karate. Si vede quando uno è a posto parlando trasmette qualcosa che nasce dalla sua fiducia in se stesso.
Kumite femminile
Domanda: Cosa pensa del jiyu kumite femminile, in palestra e in gara?
Maestro Nakayama: Non sono molto persuaso della sua opportunità. Perchè le donne devono fare le gare, farci vedere chi vince o non vince? Nei combattimenti occidentali, come la boxe o la lotta, non esistono gare femminili. Perchè nel karate? Per il momento io non posso credere che le donne debbano fare gare di kumite. Possono raggiungere lo stesso risultato attraverso strade diverse.
I miei allievi migliori.
Domanda: Quali sono estati i Suoi allievi migliori, quelli di cui è più orgoglioso?
Maestro Nakayama: Ho molta fiducia di quelli che sono in Europa Shirai, Kase, Enoeda, Ochi. Io posso avere tanto da loro per imparare ancora qualcosa. Sono molto felice che la nostra organizzazione mi permetta di contare su di loro.
Il Karate Italiano, un giudizio molto positivo
Domanda: Vorrei un Suo giudizio sul karate italiano, per concludere questa intervista.
Maestro Nakayama: In questi giorni ho visitato l’America e molti paesi d’Europa: i praticanti hanno cominciato a capire che la pratica del Kumite passa attraverso quella del kata e del kihon. Da questo punto di vista mi ha meravigliato il karate italiano: gli italiani hanno capito bene il kata e posso dire che praticanti di livello medio (2° – 3° dan) sono in grado di eseguire kata come SOCHIN. Posso dire che il livello tecnico italiano è particolare. Anche in passato (il M°Nakayama ai riferisce alla ex FE.SI.KA.) l’Italia ha avuto successo nel kumite perchè riusciva bene anche nel kata e viceversa. C’è un’interrelazione precisa tra queste due specialità e gli italiani hanno molto questo senso. Il loro kumite è fatto “come kumite”, deciso, e il loro kata è fatto “come Kata”, bene, con tecniche precise. Guardandoli praticare così sento che fanno veramente KARATE. Oggi guardavo combattere gli atleti di grado più elevato (quarti e quinti dan): il loro kumite rivela che sanno fare kata.
Esistono divorsi tipi di kata, ogni forma di lotta hai i suoi: ci sono kata cinesi, indonesiani, malesi: però i KATA di KARATE hanno una nota essenziale che li differenzia da tutti gli altri il KIME. Io da voi l’ho trovato.
Per Questo sono felice, stare con voi mi appassiona, e spero di tornare presto.
L’intervista al Maestro M. Nakayama è stata realizzata da C. Pedrazzini e S. Roedner.