Karate a metà.
Eventskarate 23 febbraio 2022
Ludovico Ciccarelli
Discorso vecchio che merita di essere riapprofondito. Molti insegnanti, in molteplici società sparse sul territorio nazionale, prediligono allenamenti monomatici basati o sul kata o sul kumite.
Questi tecnici ritengono che praticando entrambe le specialità si possa arrivare a un nulla di fatto poiché è più opportuno specializzarsi in una delle due materie al fine di ottenere gratificanti risultati. Se pratico il kata meglio non fare kumite perché “mi sporco”, se pratico il kumite meglio non fare kata perché “mi frena”. Talvolta chi pratica kata agonistico non fa neanche il kihon in quanto si concentra solo sulla forma da studiare e ripetere. Nel kumite invece il kihon, non sempre, viene adattato a tecniche di combattimento da ripetere a vuoto scisse però dal contenuto tecnico di riferimento. Cosa dire…..ognuno ha un proprio parametro di riferimento ed è libero,nel proprio dojo, di esprimere il proprio metodo di allenamento, probabilmente dettato dalla sua inclinazione o dalle proprie aspettative, nonché dal proprio vissuto di karateka. Certo è che sarebbe più corretto e più fisiologico esprimere un karate a 360 gradi capace di ruotare pariteticamente su tutte e tre le componenti del karate, il kihon, il kata e il kumite. Per quello che concerne proprio il kihon, alcuni dimenticano quanto sia fondamentale la sua pratica per conferire base, tecnica, stabilità espressiva. Alcuni dicono: ” è vero ma non c’è tempo per fare tutto e allora dobbiamo specializzarci “, di qui la scelta di praticare un karate a metà, comunque quello che basta per allenare la specificità prescelta.
Certo, questione di scelte. Ma non dimentichiamo che la bellezza della nostra disciplina attinge forma ed energia proprio dalla pratica totale e complessiva del karate. Sottrarre, detrarre, inibirne delle parti è strumento rischioso e pericoloso e ,purtroppo, se ne pagano le conseguenze dalle quali poi è difficile tornare indietro.