Massimo Di Luigi
Immaginate di essere seduti su quella sedia, proprio lì, a bordo del tatami. Non sembra così pesante, vero? Eppure, il ruolo di un allenatore nel Karate e non solo è una delle responsabilità più sottovalutate. Non si tratta solo di insegnare tecniche e preparare gli atleti a vincere medaglie. C’è molto di più.
L’allenatore non è solo un tecnico, ma una guida. Deve essere capace di vedere oltre la singola competizione, educando ragazzi e ragazze a sviluppare forza mentale, disciplina, rispetto e resilienza. Ogni parola detta da quel coach può trasformare la prestazione di un atleta, motivarlo o demotivarlo in un attimo
La vera sfida per chi si siede su quella sedia è trovare l’equilibrio tra la disciplina severa e l’incoraggiamento. Non basta trasmettere la tecnica perfetta; bisogna capire ogni allievo, essere empatici, saper leggere i loro bisogni, i loro dubbi, le loro paure. Questo è ciò che rende il lavoro di un coach tanto prezioso quanto difficile. Oltre alla preparazione fisica, si investe anche nella crescita personale, formando futuri adulti, non solo atleti.
Chiunque abbia praticato sport a livello agonistico sa quanto sia fondamentale avere al proprio fianco un allenatore che crede in te, che ti supporta anche nei momenti più difficili. Quella sedia rappresenta la responsabilità di essere un punto di riferimento, di essere la spinta che porta gli allievi a superare i propri limiti, non solo dentro, ma anche fuori dal dojo.
La prossima volta che guarderai una gara di Karate, pensa a quanto pesa davvero quella sedia. Riconosci il lavoro instancabile di chi si siede lì, perché dietro ogni atleta di successo, c’è un coach che ha saputo coltivare il loro spirito guerriero.