Il Maestro e il bambino

Eventskarate 13 agosto 2017

Varone Ciro

Negli ultimi anni sul valore delle Arti Marziali nell’educazione e nella crescita psicofisica dei bambini sono stati scritti moltissimi articoli interessanti,

anche in televisione esperti della psicologia dello sport, pediatri e docenti universitari si sono adoperati per rimarcare quanto le discipline marziali abbiano da dare in ambito della formazione e della crescita psicofisica dei nostri bimbi.
Tuttavia, poco ci viene detto sull’importanza della preparazione e della formazione di istruttori e maestri di arti marziali che hanno il compito di insegnare ai bambini.
I bambini di oggi sono decisamente diversi di quando lo eravamo noi attuali adulti di 40/50 anni, le variazioni ambientali e comportamentali dei bambini odierni sono sensibilmente cambiate rispetto alla nostra infanzia, un volta sulla nostra formazione incidevano la famiglia, la scuola, gli amici e la parrocchia, oggi oltre a queste influenze i bambini vengono a contatto e, pertanto subiscono influenza da: computer, telefonini, mass media, star musicali, attori e personaggi sportivi, musica, film, alcool, droghe e una società sempre più multietnica-
E’ scontato che non è sufficiente far fare dei “gesti”, dei salti, delle capriole per affermare che questo faccia bene al bambino: l’agire con preparazione scientifica e con conoscenza dei “mezzi” è sicuramente un presupposto fondamentale di grande importanza che qualsiasi insegnante di arti marziali e/o sport deve rispecchiare nell’esercizio delle sue funzioni. Come del resto non basta al bambino andare in palestra, partecipare alle gare e conquistare, un giorno la cintura nera, serve farlo nel modo corretto, nel rispetto degli altri e con etica e, specialmente, occorre che questo status quo diventi una vera “filosofia” di vita.
Sappiamo che se le arti marziali possono essere praticate da tutti, indistintamente dalle capacità fisiche, e diventare uno strumento formativo supplementare, possono, nondimeno, da arti valoriali, diventare dei disvalori e dei percorsi discriminanti e diseducativi e sfociare in vere e proprie forme di devianze sociali, basti guardare su youtube quanti psicopatici esaltati indossando un “kimono”, commettono nei confronti degli incauti adepti vere e proprie forme di plagio, di abusi corporali che dovrebbero essere perseguiti legalmente.
E’ chiaro a tutti gli istruttori che dove c’è divertimento c’è apprendimento, non a tutti è chiaro che non è “subendo” l’agonismo precoce e, talvolta, le aspettative esagerate dei genitori e dell’istruttore che si cresce e si matura, non solo come sportivi, ma soprattutto come futuri uomini equilibrati.
E’ dimostrato che laddove il bambino si diverta socializzando, l’impegno e lo sforzo fisico è molto meno sentito, la partecipazione e le motivazioni crescono esponenzialmente dando risultati naturali e non forzati solo quando vengono “proposti” sotto forma ludica-sportiva e non come performance agonistica fine a se stessa.
Come maestri abbiamo due possibilità di proporci nei riguardi dei giovani praticanti: il primo con autorità e imposizione, l’altro come guida che indirizza le risorse del bambino nella direzione che lo stesso bambino, in modo del tutto naturale saprà scegliere e perseguire, nel secondo caso questo nostro atteggiamento come insegnare al bambino ad “apprendere come fare” darà sicuramente migliori frutti.
Una forzata pressione sul risultato può indurre il bambino a smettere di “giocare” per la paura di perdere e/o venire mal giudicato: in tal caso, il bambino subirà un abbassamento della sua percezione di autoefficacia e, talvolta, questo potrebbe incidere negativamente anche sul suo futuro essere uomo integrato nella società.
Come è noto le attività sportive non sono tutte uguali e soprattutto ci sono sport che più degli altri rimarcano i valori della lealtà, del rispetto dell’altro e della autodisciplina, le arti marziali se ben insegnate appartengono a questa privilegiata categoria.
Le arti marziali più di qualsiasi altro sport, inducono il bambino a saper sfruttare il “momento giusto”, a sfruttare la forza e l’energia dell’avversario, a controllare la paura e gestire l’ansia, tutti valori importantissimi che fanno maturare nel giovane praticante esperienze significative che andranno ad influenzare la sua intera esistenza.
Un attento e preparato maestro di arti marziali che intende dedicarsi all’insegnamento della propria arte a dei bambini in età scolastica, che crede che ciò che egli insegna sia realmente utile ed educativo deve, necessariamente, “adattare” la propria arte sotto forma di gioco, senza imporre la competizione e la rigida disciplina che, per esempio, applica sugli adulti. Con i bambini il maestro deve, nonostante insegni un’arte codificata, lavorare sulla creatività del bambino e sulla libertà di acquisire schemi motori più possibile ricchi di stimoli psicomotori, solo dopo i 12 anni si potrà lavorare sulla ripetitività del gesto finalizzato alla tecnica marziale.
L’esperienza di molti insegnanti di arti marziali, se formati attraverso un percorso mirato e attento e con l’aiuto di specialisti, a mio avviso, è un supporto fondamentale per le istituzioni, e in tal senso, la scuola dovrebbe smetterla di vedere in modo negativo le proposte esterne che le associazioni sportive possono offrire, tuttavia, la scuola, in quanto istituzione deputata alla formazione dei bambini, dovrebbe pretendere che coloro che aspirano ad esercitare tali ruoli di pubblica utilità siano in grado di produrre una “certificazione” della loro preparazione e formazione, non basta essere istruttori e/o maestri di un ente sportivo o federazione per essere in grado di insegnare ai bambini.
Naturalmente a loro volta gli enti promozionali e le stesse federazioni devono cessare di “regalare” diplomi e attestati vari a quanti non sono in grado di esercitare con etica, competenza e professionalità la difficile missione di “educatori”.
In una società frenetica e apatica come quella attuale lo sport, sempre più spesso, si pone come momento d’incontro per i bambini, ragazzi e adulti, la palestra rappresenta due al massimo tre occasioni settimanali di sano confronto, di socializzazione e di attività fisica alle quali i nostri bambini possono accedere, pertanto noi tutti dobbiamo sforzarci di fare del nostro meglio, l’etica ci impone di aggiornarci, di ricercare, di studiare e di confrontarci con altre figure professionali le quali possono aiutarci a comprendere la difficile “arte dell’insegnare”.

 

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