I Guardiani della tradizione: a colloquio con Yuchoku Higa (Kyudokan ryu)

eventskarate 2005

di Pierre-Yves Bénoliel

traduzione italiana di Maurizio Caneparo, direttore tecnico della regione Piemonte

 

 

Il Maestro Yuchoku Higa ci riceve nel suo dojo, dove per la circostanza è stato sistemato un tavolo.

Kenzo Nakasone, PDG della Società Shureido (che fabbrica gli equipaggiamenti delle arti marziali e le armi per il kobudo) ci fa da guida.

Secondo la tradizione, il Sig. Nakasone ha portato un piccolo regalo, segno di rispetto e di diplomazia. Anch’io ho portato un presente per Sensei Higa, un quadro di Parigi.

Dopo il rituale scambio di biglietti da visita, porgiamo i nostri regali al maestro, prima di partecipare alla cerimonia del tè. Sensei Higa ha fatto venire un interprete: il Sig. Heshiki Keigo che parla francese. Yuchoku Higa è nato nell’anno 43 dell’era Meiji, molto più precisamente l’8 febbraio 1910, a Naha. Da famiglia relativamente agiata (suo padre era un impresario edile), il giovane Yuchoku conobbe un’infanzia felice. Ma i problemi si ebbero durante l’adolescenza.

Yuchoku è un giovane molto fragile, a scuola è vittima dei dispetti dei compagni. Finalmente, a sedici anni, suo padre decide di portarlo da Jiro Shiroma, un celebre maestro di Shuri-te. Costui inizia a rinforzare questo giovane troppo fragile.

È solamente dopo tre prove che il vecchio maestro decide di piegarsi davanti a tanta ostinazione.

Dopo una settimana, Yuchoku deve pulire il dojo, lavare il palchetto dei pavimenti giapponesi a listelli di legno. Dopo aver messo l’allievo alla prova, Jiro Shiroma decide di iniziare ad insegnarli la sua arte. Tuttavia il maestro stabilisce un’ultima condizione: Yuchoku non dovrà mai parlare di karate in pubblico e soprattutto vantarsi di praticarlo. Ogni spirito di spacconeria deve essere escluso. Subito, il giovane promette di rispettare questa disposizione.

L’insegnamento può cominciare.

 

“All’epoca, il karate praticato ad Okinawa era molto diverso da quello che conosciamo oggi. I corsi erano essenzialmente costituiti per il lavoro del kata. Gli allievi non erano numerosissimi. A torso nudo essi si esercitano su un tratto di terra battuta. I ‘debuttanti’ ripetono incessantemente i cinque Pinan. Il maestro diceva: ‘tu non devi domandare a cosa serve il kata. Esercitati, è tutto. Più tardi comprenderai. È il corpo che apprende, non la testa!’. La muscolatura è egualmente importante, come la durezza delle mani e dei piedi”.

 

Yuchoku lavora al makiwara più volte il giorno.

Il suo accanimento è tale che deve regolarmente limare col rasoio i calli che ricoprono le nocche delle mani!. Ogni volta che ha un momento libero il giovane si allena al karate. Egli stesso ha collocato una tinozza di sabbia nella toilette… Yuchoku serba per se un piccolo cilindro di paglia intrecciata che stringe nelle sue mani al fine di rinforzare le dita e svilupparne la loro potenza.

Solo dopo cinque anni di pratica che il suo maestro l’autorizza alla pratica del jiu-kumite.

Cinque anni consacrati unicamente al lavoro dei kata.

Pensa male, oggigiorno, chi ritiene che questo tipo d’intrattenimento sia solo destinato a provare la serietà del praticante. Sensei Higa ha serbato un doloroso ricordo delle sedute di kumite: il suo maestro l’attaccava con la mano aperta ma lui non poteva rendere i colpi. Doveva accontentarsi di schivare o di bloccare, “cosa che fece in modo tale che alla fine era coperto di lividi”, si ricorda ridendo.

 

LE SFIDE   

 

Jiro Shiroma morì nel 1933.

Higa ha 23 anni. Egli si intrattiene solo per un anno, prima di incontrare Jinan Shinzato, un maestro di Goju Ryu.

Egli diviene ugualmente l’allievo di Sensei Miyahira, che insegna lo Shuri-te.

A quest’epoca i duelli nelle scuole sono frequentissimi.

Questi combattimenti, chiamati kakidamishi, si svolgono in segreto, di nascosto dalla folla. Non sono lotte a morte, ma le ferite non mancano: membra spezzate, costole rotte, ecc.

Il fragile adolescente che era Yuchoku e diventato un vero combattente . Da quando egli abita in Yukaku, il quartiere caldo di Naha, le baruffe non si contano più: conoscono la sua reputazione di karateka, sono numerosi i giovani malvagi che cercano di sfidarlo. In pochi anni, Yuchoku Higa diviene celebre in tutta la regione. 

Altri karateka cercano di misurarsi con lui e i kakidamishi si moltiplicano.

Oggigiorno, Sensei Higa è un vecchio signore molto dignitoso, ma non si può impedirgli di sorridere ricordando quel periodo.

A poco a poco i ricordi gli ritornano e un barlume divertito brilla nei suoi occhi:

 

“Bah! Ero un giovane pieno di foga, non ero mica… Ho disputato numerosissime sfide. Ho una costola ed il naso spezzati e tutti i tipi di ferite. Mi ricordo di un uomo particolare, un certo Aharen, egli aveva giurato di battermi. Ci siamo incontrati quattro volte… sono sempre stato il vincitore!

Avevo un colpo speciale all’epoca, che mi permise di vincere tutti i combattimenti. Ma non posso svelarvelo: “è un colpo segreto, in qualche maniera”.

 

A 29 anni, Yuchoku Higa incomincia ad insegnare lo shuri-te.

La seconda guerra mondiale scoppia tre anni più tardi, nel 1942, dopo l’attacco giapponese a Pearl Harbour, Higa e mobilitato, ma ritorna ad Okinawa dopo un anno.

 

“Dopo la guerra, vado a meditare tutte le notti in un cimitero, dalle undici di sera all’una del mattino. La mia divisa: avere il cuore forte, questo è importante per l’arte marziale.

Ma dopo la guerra, ho adottato un’altra divisa: “Kyudo Mugen”, la ricerca della via è senza limite”.

 

IL KOBAYASHI RYU

 

A 33 anni (siamo nel 1943) Yuchoku Higa conosce Chosin Chibana, uno dei più grandi karateka contemporanei.

Nel 1885, Chibana ha debuttato nelle arti marziali con Anko Itosu, il grande maestro dello stile shuri-te, uno dei padri del karate moderno. Chibana sarà per quindici anni discepolo d’Itosu, fino alla fine di quest’ultimo, avvenuta nel 1915. Nel 1920, Chosin Chibana creò il suo stile, il Kobayashi Ryu, e apre un Dojo in Shuri. La sua fama è tale, che molti karateka giapponesi vennero ad Okinawa per beneficiare del suo insegnamento. Chibana fu il primo presidente dell’Okinawa Karate-do Renmei, fondato nel 1956 ed egualmente dell’Okinawa Shorin-Ryu Karate Kyokai, creato nel 1961.

Nominato Hanshi, il più alto in grado per un budoka, nel 1957, Chosin Chibana si spense nel 1969, all’età di 84 anni.

I suoi tre principali discepoli furono: Yuchoku Higa, Shugoro Nakazato e Katsuya Miyahira.

 

Oggigiorno il kobayashi-ryu è una delle tre branche maestre del Shorin-Ryu. Sensei Higa continua ad insegnare i kata che egli aveva appreso dal maestro Chibana: cinque Pinan, tre Naiahanchi (Tekki in giapponese), due Passai, due Koshokun (Kanku), Chinto, Jion, Unsu, Seisan, Sochin, Gojushiho e Chinte.

 

“Voglio difendere la tradizione”, spiega il maestro Higa. “In Giappone il karate è diventato uno sport e questo è importante. All’inizio, egli aveva il bujitsu, che si è evoluto per trasformarsi in budo. Lo scopo della pratica è di formare un uomo completo: per questo bisogna trainare il suo cuore ed il suo spirito (kokoro). Ora con l’introduzione del karate nelle università, questa ricerca è sparita. Non si pensa ad altro che alla competizione. Tecnicamente così l’arte marziale è cambiata. Ad Okinawa, si fa molta ginnastica muscolare (Jumbi Undo ed Hojo Undo) fino al 3° Dan, così il corpo può incassare i colpi. Si insiste ugualmente sull’indurimento degli avambracci, che chiamiamo kote kitae.

Altre volte, in combattimento libero, si può portare il corpo a corpo, talvolta un bloccaggio spezza le membra avversarie.

Dopo tre anni, abbiamo le competizioni che seguono le regole giapponesi. Ma esse riducano notevolmente i praticanti. Tutti i colpi devono essere controllati e le tecniche pericolose sono interdette! Esiste un’altra differenza tra il karate d’Okinawa e le sue versioni esportate: nell’isola, la maggior parte degli istruttori pratica un altro mestiere”.

 

Così Sensei Higa era ufficiale di polizia. Egli non ha quindi problemi finanziari.

Così è il maestro che sceglie l’allievo e non viceversa.

Ogni professore ha un pugno di discepoli, in generale non più di una dozzina.

I più vecchi non hanno più di trent’anni. Il rapporto che li unisce al loro sensei è un po’ come quello di un figlio a suo padre: sensei, colui che detiene la conoscenza, che vi guida sulla via. Colui che si rispetta per la sua esperienza, e nel quale si ha tutta la confidenza. “il karate è come l’acqua che si beve: se volete spegnere il fuoco, l’acqua si raffredda”.

“Non si può insegnare il karate se non si pratica assieme”, aggiunge il maestro Higa. “Guardate, ho 74 anni. Ebbene tutte le mattine, da solo tiro per un’ora, dalle 5,30 alle 6,30. Pratico fino a quando non sento i miei limiti. In generale se mia moglie mi guarda continuo fino alle sette. La sua presenza mi aiuta molto. Ma attenzione: se non fate altro che praticare il karate il vostro cuore si indurisce e diverrete un rozzo e un bruto. Invece un vero karateka deve essere un bushi, un uomo di cuore e di spirito. Sensei Miyahira, uno dei miei maestri, era anche un poeta. Quando insegnava si esprimeva in versi! Sensei Chibana, era un musicista: suonava una piccola chitarra a tre corde. Io stesso mi occupo dei bonsai, gli alberi nani, e d’uccelli. Ho ugualmente molti amici, sovente dei praticanti di karate.

L’amicizia, i rapporti con i miei allievi, giocano un ruolo molto importante nella mia vita. Avete visto Iko Oshiro, che ha 54 anni, e Katsuyuki Shimabukuro, 55 anni: entrambi si intrattengono con me tre volte la settimana, e questo da oltre 30 anni!.

Quando ero giovane, pensavo: l’attacco è la migliore difesa. Poi ho compreso cosa significhi avere il cuore forte.

Ora, caro giovane, a 74 anni ho realizzato questo: “Kyudo Mugen, la ricerca della via è senza limite…”.

 

 

 

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