Bruno Ballardini
In questi giorni mi è piovuto addosso un riconoscimento che proprio non mi aspettavo e che è lontano anni luce dal mio modo di essere e di vivere le cose. È un po’ come il Nobel in questo piccolo mondo che è il karate. Ci sono in giro molti “Nobel”, alcuni conferiti per meriti tecnici, per anzianità, o per sopravvenuta morte, altri comprati o regalati. Nel mio caso credo che sia per la responsabilità che ho accettato di diffondere la piccola Scuola cui appartengo anche a livello europeo. Lo faccio da anni, senza farmi mai pagare. Per me è una piccola forma di “volontariato pedagogico” con cui insegno alle persone a cercare di tirar fuori il meglio di sé in tutte le cose che fanno, oltre che a ricordarlo a me stesso. Oggi questo lavoro non lo fa più nessuno: non lo fa la famiglia, non lo fa la scuola né l’università, non lo fanno nemmeno le persone, che tendono possibilmente ad adagiarsi su una comoda mediocrità. E’ uno sporco lavoro, ma qualcuno doveva pur farlo. È questo il motivo per cui continuo a insegnare karate. Non me ne fregherebbe nulla di andare sul tatami due sere a settimana a fare a botte con il vuoto (leggi: kata) se non avessi la certezza che questa piccola attività collettiva aiuti le persone a diventare più attente, consapevoli, oneste, generose, giuste, decise, costanti, aperte, umili, coraggiose, incrollabili, e a tirar fuori sempre il meglio di sé. Arriva un’età in cui si comprende che è impossibile cambiare il mondo. L’unica possibilità che abbiamo è di cambiare noi stessi. Accetto questo grado dalla mia Scuola come un attestato di stima e di affetto e come personale impegno didattico. Ma niente di più. Annuncio invece che presto abolirò le cinture, e lo farò adottando cinture comuni tradizionali delle isole dove è nato il karate antico, che è quello che pratichiamo. Il sistema delle cinture è un sistema moderno inventato dal Judo e serve solo per la commercializzazione, ma nel karate antico le cinture semplicemente non esistevano. Nelle foto potete vedere come noi le teniamo abitualmente, arrotolate intorno alla vita come facevano gli ultimi capiscuola di Okinawa del 1900 che rifiutavano la modernizzazione, e le abbiamo “stese” solo in una foto, per fare contenti quelli che capiscono soltanto l’uso moderno, ma ricordo loro che questo uso fu introdotto dai giapponesi negli anni 30 ed era frutto di un clima militarista, e le bande penzolanti delle cinture servivano soprattutto per mettere in mostra i gradi ricamati (altro insopportabile concetto militarista) quando invece in un’arte non esistono gradi.
Ringrazio tutti per questo regalo inaspettato che segna con pochi mesi di anticipo i miei settant’anni. Se poi volete scoprire una attività bellissima che fa bene sicuramente più della fitness (perché oltre a essere una fitness cognitiva e neurologica, è una fitness etica e morale) veniteci a trovare. Sapete dove trovarci.