Nando Balzarro

Occhi stretti, impenetrabili, il viso largo inespressivo e freddo. Il mio maestro è giapponese, assieme alle caratteristiche somatiche della razza, porta su di sé come un destino la tradizione del suo popolo, la storia dura esasperata e orgogliosa della sua nazione, la gloria e l’onore dei Samurai, la forsennata vocazione a morire dei Kamikaze. Porta sulle larghe spalle l’esperienza centenaria, misteriosa, segreta dell’arte della “mano vuota”.

Il mio maestro ha trent’anni, solo nove più di me ma li avverto quasi fossero cinquanta. Nei suoi confronti mantengo la stessa distanza, la soggezzione, il timore, il rispetto dovuto a chi ha già vissuto tutte le esperienze, quelle che io devo ancora vivere, le stesse che io ho deciso di vivere.

Gli allenamenti sono durissimi, perlopiù oltre i limiti della sopportazione fisica e mentale. Carsiche energie, sinora sconosciute, mi impongono di seguirlo, non abbandonare, non deludere. Solamente chi è portatore di incredibile forza interiore, possiede la capacità di trascinere fino all’estremo, chiunque affronti l’avventura di entrare nella sua sfera magnetica. Il carisma è un dono, alla stregua della bellezza, dell’intelligenza e la morte prematura. Non solo i romantici Samurai ma già i latini sostenevano che muoiono giovani i più amati dagli Dei, a cui viene risparmiata l’umiliazione della vecchiaia. Osservo i volti dei compagni, paonazzi, pateticamente deformati dalla fatica, il corpo macerato dal sudore. Sono consapevole di avere lo stesso aspetto. Braccia e gambe, intossicate dall’acido lattico, si fanno pesanti e rigide simili a tronchi tagliati da anni. L’atmosfera nel minuscolo Dojo, austero come un tempio, si carica di tensione che la pelle trasuda mista a tossine. Ingaggiamo combattimenti che non danno scampo al più debole costretto a ritirarsi in un angolo, ansimante e malconcio come una bestia ferita. La cognizione del tempo è perduta, nessuno può dire con certezza quante ore sono trascorse.

Completamente catturato nell’atavico rituale della lotta per la vita, mi illudo di imparare a sopravvivere.

Da “Bagliore” 2001 Soveramultimediaedizioni.

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